test: 17516
10.10.2025
Il meccanismo dell’esplosione interna in un serbatoio di combustibile liquido: disgregazione, nube e detonazione

Un grande serbatoio colmo di combustibile liquido è un obiettivo che può risultare particolarmente vulnerabile in presenza di esplosioni: la sua distruzione può riversare enormi quantità di problemi nell’ambiente circostante.

Proprio su questa tematica si concentra lo studio degli autori Zhou, Liang, Ren, Zhang e Qi pubblicato su Physics of Fluids: essi propongono una simulazione numerica capace di svelare i processi che avvengono quando un serbatoio viene colpito da un’esplosione interna, con conseguente rottura, dispersione del combustibile, formazione di nube e reazione esplosiva nella fase gassosa.

L’idea centrale che guida questo lavoro è che l’esplosione non è soltanto un fenomeno di detonazione nel liquido o nel gas, ma una “danza” complessa tra la fuoriuscita del liquido, la sua atomizzazione (cioè la trasformazione in piccole gocce o nebbia), la miscelazione con l’aria e infine l’innesco delle reazioni chimiche nella nube generata.

Quando il carico esplosivo centrale si attiva, genera alte pressioni e temperature localizzate: in un attimo, il combustibile liquido presente nel serbatoio inizia a essere spinto verso l’esterno, con una parte di esso che rimane sotto forma di liquido e con un’altra parte che viene dispersa in forma di goccioline fini, creando una nube di particelle sospese.

È in questa fase che la chimica reagisce: non appena la concentrazione, la temperatura e la pressione diventano favorevoli, inizia la reazione combustibile-ossidante, che si propaga nella nube; secondo le simulazioni, la detonazione e la dispersione del combustibile avvengono sostanzialmente in parallelo, non in successione netta, come si potrebbe semplificare.

Gli autori riferiscono che, nel caso del combustibile JP10 (o miscele JP10/IPN), la reazione chimica può iniziare in tempi estremamente brevi, decimi o centesimi di millisecondo, in prossimità del carico centrale o nelle zone dove la nube ha già formato concentrazioni favorevoli: per esempio, con 0,5 kg di JP10 in un contenitore cilindrico e vari rapporti tra massa dell’esplosivo centrale e massa del combustibile, le simulazioni mostrano in alcuni casi tempi di inizio della reazione pari a 0,06 ms, con posizioni relativamente vicine al centro (0,09 m).

Ancora, i ricercatori esplorano anche come il rapporto tra massa del carico esplosivo e massa del combustibile influenzi i risultati: quando quel rapporto è dell’ordine del 15%, la pressione massima dell’esplosione nella “zona lontana” (cioè non immediatamente vicina al punto di scoppio) raggiunge il valore più alto tra le configurazioni testate. Ciò suggerisce l’esistenza di un bilanciamento ottimale tra quanto combustibile viene disperso e quanto viene efficacemente “attivato” nella reazione.

L’analisi si spinge anche a valutare come variabili quali la concentrazione del vapore, le dimensioni delle goccioline, la temperatura iniziale e la pressione locale influenzino l’intensità dell’esplosione e la rapidità delle reazioni: ad esempio, più la concentrazione del vaporato si avvicina al valore stechiometrico (cioè al rapporto ideale tra combustibile e ossidante), maggiore è la pressione esplosiva;sSe la temperatura ambiente è più elevata, il tempo di innesco dell’esplosione tende a diminuire, ma la pressione raggiunta può risultare leggermente minore rispetto al caso più freddo, per via di variazioni nella densità e nella sensibilità della miscela reattiva.

In termini applicativi, i risultati hanno un’importanza cruciale per la valutazione del rischio associato a serbatoi di combustibile: sapere con quali modalità un serbatoio danneggiato può diffondere una nube esplosiva o innescare una reazione a distanza è essenziale nel progettare barriere, sistemi di contenimento o misure di difesa. Le simulazioni permettono di stimare l’area pericolosa esterna al serbatoio, ossia la zona entro la quale gli effetti dell’esplosione possono causare danni significativi o generare reazioni a catena con altri serbatoi vicini.

Da tener conto che variazioni in parametri come turbolenza, distribuzione delle goccioline, trasferenza di massa e calore tra liquido e gas, cinetica chimica etc., possono alterare in modo sensibile i risultati. Inoltre, la simulazione affronta la condizione ideale di una geometria semplificata e condizioni iniziali ben definite, mentre nella realtà i serbatoi possono essere strutturalmente complessi, con sporgenze, ostacoli, condizioni ambientali mutevoli e materiali circostanti variabili.

Lo studio, comunque, offre un contributo importante alla comprensione del fenomeno esplosivo di combustibili liquidi in serbatoi distrutti: ci mostra quanto sia intrecciata la dinamica della dispersione del liquido, la formazione di nebbia reattiva e l’innesco chimico nella nube e come questi aspetti non siano separabili bensì agiscano in un’unica danza sinergica.