La suggestiva illuminazione artificiale che da pochi giorni abbraccia il maestoso serbatoio idrico di Terravecchia a Pisticci restituisce alla struttura un’aura quasi fiabesca, reinserendo nell’immaginario collettivo il ricordo di una delle opere più significative realizzate nel territorio negli anni ’30 e riaffermandone al contempo la funzione di simbolo d’ingegno e resilienza della comunità locale.
Sorto nei primi anni ’30, quasi in contemporanea con la costruzione della nuova chiesa dedicata al protettore San Rocco, il serbatoio rispondeva a un’esigenza primaria: garantire un approvvigionamento idrico costante a una popolazione che per secoli aveva dovuto ricorrere a fonti naturali distanti, pozzi e fontane sparse nei dintorni di Rupe, Sant’Anna, San Domenico, San Gaetano, Cannile e Ficagnole; in un contesto di trasporti limitati, ogni litro d’acqua era trasportato a dorso d’asino o con carretti, rendendo l’accesso quotidiano a risorse tanto preziose un’impresa faticosa e dispendiosa.
L’opera, ultimata nel 1934 e commemorata da una targa marmorea recante la scritta “XII” (dodicesimo anno del regime), fu affidata all’Impresa Alanari di Ravenna, sotto la guida dell’ingegnere Carlo Perrini, figura stimata per la sua inventiva e la sua passione per le tecnologie meccaniche, tanto da poter essere avvistato sfrecciare per le vie del paese sulla sua moto di grossa cilindrata; a Perrini si affiancarono imprese locali come Giannone-Dragonetti, che contribuirono alla costruzione delle due vasche di raccolta situate nel nucleo maggiore, a quasi 35 metri d’altezza e con un diametro di circa 25 metri.
Concepito con uno stile architettonico d’avanguardia per l’epoca, il serbatoio si presenta come un possente cilindro in cemento armato, scandito da ripiani, archi e oblò che ne alleggeriscono la volumetria e creano un gioco di pieni e vuoti capace di dialogare armoniosamente con le storiche mura del vicino castello dei Conti Acerra: per realizzare l’invaso fu necessario abbattere in parte il maniero, un sacrificio che testimonia le priorità di un tempo in cui il diritto alla disponibilità dell’acqua veniva anteposto alle esigenze estetiche o monumentali.
Oggi, grazie al recente intervento, l’intera struttura si trasforma al calar del sole in un palcoscenico luminoso, capace di valorizzare aspetti spesso rimasti invisibili alla vista diurna e di restituire alla cittadinanza un luogo carico di memoria e potenzialità turistiche.
La nuova installazione luminosa colpisce per la sua capacità di evidenziare le articolazioni architettoniche del serbatoio: i due nuclei concentrici, con il maggiore alto 35 metri, risplendono attraverso fasci di luce che si rincorrono tra gli archi e filtrano dagli oblò, creando riflessi cangianti sulla superficie liscia del cemento; di notte, l’opera recupera un’identità quasi fiabesca, capace di sorprendere sia i residenti sia i visitatori, che si soffermano ad ammirarne le geometrie e i contrasti cromatici.
Situato in posizione panoramica, il serbatoio si staglia contro il profilo delle antiche mura del castello, anch’esse in questi giorni interessate da lavori di consolidamento e restauro, volti a restituire decoro e sicurezza a uno dei nuclei storici più antichi di Pisticci.
La valorizzazione notturna del serbatoio offre prospettive nuove per un turismo slow che, al di là delle spiagge e dei centri balneari, sappia apprezzare il patrimonio storico-industriale e architettonico dell’entroterra lucano: percorsi tematici, visite guidate e percorsi fotografici potrebbero trovare nella monumentale sagoma illuminata un punto di riferimento per scoprire storie di fatica, innovazione e civiltà contadina.