19.12.2025
Come garantire autonomia reale e continuità operativa in azienda con serbatoi gasolio per gruppi elettrogeni

Un’azienda che investe in un gruppo elettrogeno diesel, di solito lo fa per proteggersi da un rischio molto concreto: perdere corrente nel momento sbagliato. Eppure, nella pratica, tanti impianti buoni sulla carta diventano fragili proprio nel punto più semplice, che è il carburante. Non si parla solo di gasolio, ma di averlo nella quantità giusta, con una qualità ancora idonea, e, soprattutto, in un sistema che lo renda davvero utilizzabile in sicurezza quando l’emergenza arriva.

Immaginiamo un caso tipico da PMI, quello che si vede spesso in capannoni e stabilimenti: uffici, una produzione che può fermarsi ma non all’improvviso, un impianto aria compressa, qualche macchina che va gestita con arresto controllato e, magari, una cella frigo o un magazzino a temperatura che non può restare spento per ore. In questo scenario, l’obiettivo non è tenere acceso tutto, ma mantenere vivo l’essenziale per evitare danni e ripartire senza scarti o perdite economiche importanti. Qui la continuità operativa è una somma di funzioni minime che, se mancano, trasformano un blackout in un problema di produzione, sicurezza, qualità e costi.

Il punto di partenza, in stile molto pratico, non è il numero di litri. È il tempo. Quante ore si possono coprire senza dipendere da rifornimenti esterni? Otto ore sono una soglia che piace perché sembra tanta, ma spesso è solo una soglia psicologica. Se il guasto è lungo, se la rete torna in modo instabile, se l’evento colpisce un’area più ampia e la logistica rallenta, otto ore possono evaporare velocemente. Per molte aziende, appena si fa un ragionamento serio sul rischio, il target si sposta su 12 o 24 ore, perché è lì che la continuità inizia a essere davvero credibile.

Definito il tempo, arriva la parte più importante e più spesso sottovalutata: il consumo reale del gruppo elettrogeno in condizioni di emergenza. Il gruppo non lavora quasi mai a carico fisso e, soprattutto, l’azienda non ha un assorbimento piatto: c’è un baseload continuo e ci sono picchi, avviamenti, ripartenze.

Il dimensionamento corretto si fa quindi partendo dalle utenze che resteranno attive e stimando una potenza media realistica, poi confrontando questo dato con le tabelle del costruttore del gruppo alle varie percentuali di carico. È l’unico modo per evitare due errori opposti: sovrastimare e spendere troppo senza motivo, oppure sottostimare e scoprire, nel momento peggiore, che l’autonomia sulla carta non esiste.

A questa autonomia va aggiunto un dettaglio che in azienda pesa tantissimo: il gasolio si consuma anche quando non c’è emergenza. Le prove periodiche, i test, gli avviamenti e la manutenzione preventiva sono parte della vita del gruppo. Se il serbatoio è dimensionato al limite, basta un mese di test un po’ più intensi o una gestione non rigorosa delle scorte per ritrovarsi con litri mancanti senza rendersene conto. In continuità operativa, il margine non è un lusso: è ciò che impedisce alla routine di sabotare l’emergenza.

A questo punto si sceglie l’architettura dell’impianto: il serbatoio integrato nel basamento del gruppo può avere senso quando l’autonomia richiesta è contenuta e quando l’installazione deve essere semplice e immediata. Ma appena si sale di ore, o si vuole una gestione più robusta e ispezionabile, il serbatoio esterno diventa la scelta naturale: non solo perché aumenta la capacità, ma perché consente di progettare meglio logistica e sicurezza. Si sposa la riserva in una posizione comoda per i rifornimenti, più protetta dai transiti, più facile da controllare e mantenere.

Nei casi in cui l’autonomia è alta o il sito è critico, una configurazione particolarmente efficace è quella a due stadi: un serbatoio principale di scorta e un serbatoio di servizio (day tank) vicino al gruppo. Il serbatoio grande fa da magazzino energetico ed il day tank garantisce alimentazione stabile e controllata, con gestione dei livelli e trasferimento tramite pompe.

Il vantaggio, in azienda, è doppio: da un lato migliori la continuità perché riduci le variabili che possono disturbare l’alimentazione del motore, dall’altro migliori la gestione perché separi la parte logistica (rifornimenti, capacità) dalla parte operativa (alimentazione costante).

Poi c’è un tema che è poco raccontato ossia la qualità del gasolio nel tempo. Se il carburante rimane fermo a lungo, soprattutto in serbatoi capienti, aumenta il rischio di condensa e presenza d’acqua sul fondo, con effetti che si vedono quando ormai sei in emergenza: filtri che si intasano, avviamenti difficili, alimentazione irregolare etc. Per questo, un impianto pensato bene non guarda solo ai litri, ma anche alla possibilità di ispezionare, drenare, filtrare, programmare controlli. In un’ottica aziendale, significa trasformare il carburante da scorta passiva a risorsa gestita.

La sicurezza è l’altra metà dell’affidabilità: un serbatoio gasolio, in azienda, deve essere protetto dagli urti, inserito in un contesto di contenimento e progettato per essere rifornito senza improvvisazioni. Molti problemi non nascono da un serbatoio difettoso, ma da dettagli di impianto: valvole accessibili male, tubazioni esposte, area di carico pensata senza considerare le manovre, assenza di protezioni dove passano mezzi. Quando serve davvero, la continuità operativa non perdona questi dettagli.

Sul fronte normativo, per un’azienda è utile avere una bussola chiara senza perdersi nelle sigle. L’installazione dei motori a combustione interna accoppiati a generatori elettrici ha una regola tecnica specifica, il DM 13 luglio 2011. Al contempo, l’inquadramento ai fini dei controlli di prevenzione incendi dipende anche dalle soglie dell’Allegato I del DPR 151/2011: per i gruppi elettrogeni con motori endotermici si fa riferimento all’attività 49 (sopra 25 kW, con categorie legate alla potenza complessiva).

E quando si ragiona sui quantitativi di combustibile stoccati, entra il tema dei depositi/rivendite di liquidi infiammabili e/o combustibili oltre determinate capacità geometriche complessive, anch’esse riportate nell’Allegato I. Infine, se l’impianto non serve solo il gruppo ma diventa anche punto di erogazione per rifornire mezzi (contenitore-distributore ad uso privato), allora il riferimento è il DM 22 novembre 2017 per i contenitori-distributori di carburanti liquidi di categoria C.