Sulle montagne settentrionali del Portogallo, lungo i sentieri silenziosi del Parco Nazionale di Peneda-Gerês, si ergono ancora oggi le vestigia di un passato agricolo fatto di pietra, acqua e tradizione: sono gli antichi serbatoi d’acqua scolpiti nella roccia e collegate da ingegnose canalizzazioni, costruite secoli fa per soddisfare i bisogni quotidiani delle comunità rurali, come abbeverare il bestiame, irrigare orti e vigne, fornire un luogo dove lavare i panni.
Con il lento spopolamento dei villaggi e l’abbandono delle attività tradizionali, quei bacini un tempo vivaci sono rimasti inerti testimoni di un’epoca che sembra ormai lontana. Eppure, come hanno dimostrato di recente alcuni ricercatori, la storia di queste strutture è tutt’altro che finita.
Uno studio pubblicato sulla rivista Ecosphere e condotto da un team internazionale guidato dal Centro Tedesco per la Ricerca sulla Biodiversità Integrativa (iDiv) e dall’Università Martin Luther di Halle-Wittenberg ha rivelato che le antiche vasche in pietra rappresentano oggi un autentico “paradiso” per molte specie di anfibi locali.
Con centinaia di siti analizzati tra vasche, fontane e canali, le campagne di monitoraggio hanno messo in luce dati sorprendenti: due terzi delle vasche storiche ospitano regolarmente anfibi, mentre in circa un quarto di esse sono stati osservati aggregamenti destinati alla riproduzione delle larve.
Per questo i bacini, alimentati dalla pioggia e dalla rete di canali, offrono un microhabitat stabile, con acque fresche e ripari naturali perfetti per le uova e i girini, che sempre più spesso trovano negli stagni e nei corsi d’acqua naturali condizioni variabili a causa della siccità e dei cambiamenti climatici.
Gli anfibi, creature legate all’acqua quanto alla terraferma, stanno subendo una drammatica regressione su scala globale: specie come il Tritone marmorizzato (Triturus marmoratus) e il Tritone di Bosca (Lissotriton boscai), endemici della regione, si sono dimostrati particolarmente affezionati a queste vasche, dove la predazione è ridotta e le temperature mantengono un regime adatto allo sviluppo embrionale.
Al contrario, specie più esigenti come la Rana iberica (Rana iberica) o la Salamandra pezzata (Salamandra salamandra) continuano a preferire gli habitat naturali di ruscelli e pozze montane, sottolineando come le strutture artificiali non possano sostituire del tutto la complessità dei sistemi acquatici naturali, ma possano costituire un importante “tappabuchi” in un paesaggio sempre più frammentato.
Gli studiosi sottolineano che la conservazione di queste opere storiche non rappresenta solo un atto di valorizzazione del patrimonio culturale, ma si traduce anche in un’efficace misura di salvaguardia ambientale: mantenere intatti i bordi in pietra, pulire regolarmente i canali per garantire il deflusso e ripristinare eventuali coperture vegetali in eccesso sono interventi a basso costo che favoriscono la permanenza degli anfibi, offrendo loro rifugi dove rifugiarsi durante i periodi di aridità estiva e dove svernare in sicurezza; in un contesto di abbandono rurale, queste strutture possono fungere da “oasi” per un gran numero di specie, fungendo da ponte ecologico tra aree naturali isolate.
L’integrazione delle strategie di conservazione del paesaggio non può dunque prescindere da un approccio sinergico che coniughi tutela della natura e rispetto della memoria storica: la proposta avanzata dai ricercatori è chiara ossia includere nelle pianificazioni del parco non solo la protezione rigorosa di ruscelli, stagni e torbiere, ma anche la manutenzione programmata delle vasche e delle infrastrutture irrigu-e tradizionali, valorizzando il ruolo svolto nei secoli da contadini e pastori.
In tal modo, Peneda-Gerês potrà continuare a essere un esempio virtuoso di come il dialogo tra uomo e ambiente, seppur evoluto e adattatosi ai nuovi scenari, possa ancora dare frutti preziosi per la biodiversità.