Sulle colline di Shepherds Flat, a un soffio da Daylesford, c’è una casa che non si limita a dialogare con la natura: la ingloba, la piega in una forma domestica e la restituisce in una grammatica di cemento, legno e luce. Karoo Crest Retreat, a 950 Basalt Road, rivela un interno scenografico dove le curve sono protagoniste e la materia diventa paesaggio.
L’elemento che sorprende più di tutti è una parete ricurva che non è solo un gesto estetico: è letteralmente una porzione del grande serbatoio di raccolta della pioggia, metà dentro e metà fuori, trasformato in quinta architettonica e in manifesto di un’idea precisa di sostenibilità. È il tipo di trovata che racconta molto del luogo e di chi l’ha progettato: in una regione dove l’acqua è risorsa preziosa, farne struttura e forma, oltre che funzione, è un modo di abitare l’ambiente anziché semplicemente occuparlo.
La proprietà, ribattezzata “ritiro” non a caso, si allunga su 5759 metri quadrati che confinano con l’Hepburn Regional Park, così che la sensazione, anche dentro, è quella di una radura ininterrotta: l’impianto planimetrico spalma circa 330 metri quadrati su due ali che raccontano la storia del luogo, con, da un lato, la preesistenza in pietra, dall’altro l’estensione contemporanea in legno e ferro.
La mediazione tra i due corpi è affidata a una regia della luce che usa finestre a nastro alte, tagli zenitali e un piccolo giardino-atrio vetrato al centro dell’abitazione per distribuire aria e chiarore come in un chiostro moderno. È un modo quieto di mettere in comunicazione tutte le stanze con il paesaggio, evitando quell’effetto “scatola” che tante architetture isolano pur essendo immerse nel verde.
Dentro, i materiali sono sinceri e fanno esattamente quello che promettono: il cemento levigato e il granito al suolo danno massa, inerzia termica e una continuità tattile che accompagna dal living alla cucina. Le travi a vista di legno spezzano l’austerità minerale con una nota calda e domestica e la pietra riaffiora a parete in quinte che dialogano con le grandi sospensioni, compensando con texture e luce la sobrietà della palette. C’è un caminetto a combustione lenta che chiama inverno e pannelli radianti che stendono una temperatura uniforme, mentre doppi vetri e isolamento serio blindano il comfort e impediscono dispersioni.
La sostenibilità, qui, smette di essere slogan e diventa infrastruttura domestica: il dato più eloquente è quello dei 160.000 litri di pioggia raccolti e stoccati, integrati nella struttura e, in parte, resi elemento espressivo nella famosa parete serbatoio. Intorno, un impianto fotovoltaico alleggerisce i consumi, un sistema settico chiude il cerchio dei reflui e gli sprinkler antincendio esterni aggiungono una dimensione di sicurezza che in un contesto boschivo non è mai accessoria.
C’è poi una stanza che riassume l’intero progetto come un epigramma ossia il bagno principale: la vasca in cemento affondata nel pavimento, le due vasche in vetro verde che sembrano oggetti scultorei più che sanitari, la continuità di superfici materiche che scivolano l’una nell’altra, tutto lavora per convertire un ambiente funzionale in esperienza sensoriale. L’acqua, ancora lei, è celebrata in uno spazio che non urla ma lascia che sia la materia a parlare.
La zona giorno, ampia e continua, tiene insieme il respiro della grande sala con la dimensione raccolta di angoli più intimi, e lo fa grazie a una regia semplice: luce dall’alto, aperture misurate verso il bosco, un’alternanza di pieni e vuoti che permette al paesaggio di entrare senza travolgere. Lo stesso equilibrio torna in cucina, dove il disegno minimale degli arredi in legno appoggia su piani di pietra e ritrova nel pavimento in cemento la base neutra per far lavorare volumi e linee.
Karoo Crest Retreat è un piccolo manifesto dell’abitare contemporaneo nelle aree naturali: non una fortezza autoreferenziale, ma un organismo che fa i conti con l’acqua, con il fuoco, con l’energia e con la manutenzione del quotidiano. Invece di nascondere gli impianti, ne fa occasione espressiva; invece di blindare il paesaggio dietro grandi vetrate, lo dosa in quinte e corti; invece di inseguire la novità fine a sé stessa, lavora sulla durata, sulle prestazioni, sulla sensazione (rara) di un interno che non è mai in competizione con ciò che lo circonda.
