Un recente report, sul mercato globale dei servizi legati ai serbatoi di stoccaggio petrolifero, dichiara che, nel 2024 vale 64,13 miliardi di dollari e dovrebbe arrivare a 79,22 miliardi entro il 2030, con una crescita media annua (CAGR) del 3,43%. E’ una progressione solida, coerente con la natura del settore: qui non si vendono mode, si vendono continuità operativa, riduzione del rischio e conformità.
Il motivo per cui un mercato del genere cresce anche quando l’attenzione pubblica è catturata dalla transizione energetica è abbastanza intuitivo: finché esistono volumi rilevanti di idrocarburi lungo la filiera, esisterà la necessità di stoccarli e finché esisteranno grandi parchi serbatoi, serviranno attività cicliche e specialistiche per farli funzionare bene. La dinamica si lega sia alla domanda energetica globale sia all’espansione di riserve strategiche e infrastrutture di stoccaggio, oltre che al rafforzamento delle regole su sicurezza e ambiente.
Dentro questo mercato esiste un portafoglio di attività che copre la vita intera di un serbatoio: il report lo segmenta per tipologia di servizio includendo pulizia, ispezione, riparazione e manutenzione, verniciatura e rivestimenti, oltre ad altre attività complementari.
La segmentazione dice qualcosa di importante: il valore non sta solo nel riparare quando si rompe, ma nel prevenire, nel misurare e nel certificare prima che il problema diventi emergenza. Non a caso, l’ispezione viene indicata come il segmento a crescita più rapida ed è la parte più intelligente del ciclo: conoscere lo stato reale di fondo, tetto, saldature, spessori e condizioni interne significa pianificare interventi mirati, ridurre fermi impianto e dimostrare conformità in modo documentabile.
Anche i serbatoi, poi, non sono tutti uguali e il mercato lo riflette: si parla di serbatoi a tetto fisso, a tetto galleggiante, sferici, orizzontali e altre configurazioni. Ogni geometria e ogni uso porta rischi differenti: un tetto galleggiante, per esempio, ha esigenze specifiche legate a vapori ed emissioni, mentre un orizzontale può trovarsi in contesti logistici o industriali con vincoli diversi. E cambiano anche i contesti applicativi: il settore petrolifero resta centrale, ma rientrano anche produzione di energia, marittimo e shipping, aviazione e altri ambiti dove lo stoccaggio di combustibili e derivati richiede continuità e standard elevati.
Il filo rosso che tiene insieme tutto è l’evoluzione tecnologica: si insiste sul passaggio da attività ad alto impatto umano e operativo a servizi sempre più automatizzati, come pulizie con robot e sistemi modulari, ispezioni con droni e dispositivi remoti, monitoraggio con sensori e piattaforme digitali. L’idea è semplice: meno persone in spazi confinati, meno tempo di fermo, più dati: si parla di riduzioni dei tempi di pulizia fino al 60% e di un taglio drastico dell’esposizione umana ad atmosfere tossiche o infiammabili, oltre a una quota crescente di progetti che già usano automazione nei mercati più avanzati.
Il cambiamento tecnologico, poi, si intreccia con un altro tema strutturale: l’invecchiamento degli asset. Una parte rilevante dei parchi serbatoi, soprattutto in mercati maturi, è stata costruita decenni fa e oggi richiede estensione della vita utile, sostituzioni mirate, rivestimenti più avanzati, protezioni anticorrosione e programmi di manutenzione basati sul rischio, rimpiazzare interi depositi è spesso proibitivo, mentre intervenire in modo mirato è economicamente razionale.
Dal punto di vista geografico, il Nord America risulta come il mercato più grande, mentre segnala l’Asia-Pacifico come area di forte dinamismo, spinta da industrializzazione, capacità di raffinazione in crescita e nuovi poli logistici e terminal.
Allo stesso tempo, emergono fattori nuovi legati alla trasformazione dei prodotti stoccati: biofuel, carburanti a bassissimo zolfo e, nel tempo, anche vettori come idrogeno e ammoniaca cambiano i profili di corrosione e contaminazione, aumentando la richiesta di competenze su materiali, rivestimenti e protocolli di ispezione più sofisticati. È un punto interessante perché ribalta una convinzione diffusa: la transizione energetica non riduce automaticamente il bisogno di servizi, anzi può renderli più complessi e premium, perché cambiano i rischi e quindi cambiano le soluzioni.
Il futuro dei serbatoi non si gioca tanto su quanto petrolio contengono, ma su come vengono gestiti, perché, in questa industria, la differenza tra routine e crisi spesso sta in cose che non fanno notizia: un millimetro di spessore, una microfessura intercettata in tempo, un residuo rimosso meglio, un report d’ispezione fatto con strumenti più intelligenti etc.
