31.10.2025
Carburanti sostenibili per i serbatoi dei terminal

I depositi di carburante vengono definiti con enormi vasche metalliche, linee di tubazioni, odore di benzina nell’aria calda: eppure dentro i terminal di stoccaggio, la sostenibilità è una serie di scelte tecniche, gestionali e digitali che, sommate, riducono emissioni, consumi energetici e impatti sul territorio.

E’ un ripensamento strutturale fatto di coperchi che galleggiano sui prodotti, sistemi che catturano vapori prima che scappino in atmosfera, sensori che ascoltano i serbatoi in tempo reale.

Per capire dove si gioca la partita, bisogna partire da ciò che emette davvero: i composti organici volatili che evaporano dalle superfici dei prodotti, le perdite dalle guarnizioni dei tetti e dagli accessori dei serbatoi, i rilasci durante carico e scarico, oltre alle emissioni diffuse che ogni impianto si trascina quando la manutenzione rallenta o la strumentazione non è più all’altezza.

La letteratura tecnica dedicata ai serbatoi è netta nel definire queste sorgenti e nel catalogare dispositivi e pratiche per contenerle, dai tetti galleggianti interni ed esterni con sistemi di tenuta evoluti, alle unità di recupero vapori, fino ai programmi sistematici di rilevamento e riparazione delle perdite: è una tassonomia che, pur variando da sito a sito, ha oggi un lessico condiviso e standard di riferimento chiari.

Si parla, quindi, di “serbatoi che respirano meno”: i tetti galleggianti riducono proprio quel respiro termico che, con l’aumento di temperatura, spinge i vapori verso l’esterno; se a questo si aggiungono tenute primarie e secondarie ben progettate, dispositivi antiesplosione, cupole e chiusure che limitano l’ingresso di pioggia e radiazione solare diretta, la differenza sui profili emissivi diventa tangibile. Ancora, le unità di recupero vapori intercettano le miscele prima che raggiungano l’atmosfera, le condensano o le ossidano in modo controllato e riportano parte del valore energetico nel ciclo.

A cambiare è anche la cabina di regia: i terminal che investono in sostenibilità affiancano all’hardware una strumentazione digitale che rende continuo ciò che un tempo era solo periodico: sensori su serbatoi e linee, analizzatori per VOC e H₂S, piattaforme che raccolgono dati di livello, temperatura, pressione, e mettono in correlazione eventi, allarmi e previsioni meteo.

La sala controllo non è più un luogo di reazione, ma di anticipazione: i picchi emissivi si prevengono con logiche di set-point intelligenti, si programmano fermate e sostituzioni prima che le guarnizioni cedano, si incrociano pattern di evaporazione con il piano movimenti del terminale per spalmare le attività nei momenti migliori. Il risultato è duplice: meno emissioni e meno energia sprecata per rimediare a inefficienze che la telemetria, oggi, consente di leggere quasi in diretta.

Nel mosaico della sostenibilità, l’energia elettrica necessaria a far girare pompe, compressori, recuperatori e sistemi di sicurezza è un tassello determinante: sempre più operatori, perciò, stanno installando fotovoltaico in sito, anche sugli stessi serbatoi, trasformando superfici passive in generatori capaci di abbattere i prelievi di rete e, di conseguenza, l’impronta carbonica complessiva del terminale.

Esperienze recenti mostrano come la generazione solare integrata nei depositi possa ridurre in modo stabile i costi operativi e le emissioni correlate, soprattutto dove la domanda elettrica è continua e prevedibile.

Sostenibilità, però, non significa soltanto meno CO₂ e meno VOC: significa anche maneggiare con cura i rifiuti generati dai serbatoi (come fanghi, acque oleose, residui di pulizia) perché ogni scorciatoia in questa fase rischia di vanificare i progressi fatti a monte. Una gestione corretta dei reflui, la tracciabilità dei conferimenti, l’uso di tecnologie di trattamento adeguate al profilo del terminal sono parte della stessa cultura che mette i tetti galleggianti sui serbatoi e i sensori sulle linee. È un ciclo che si chiude davvero solo quando tutte le correnti (aria, acqua, rifiuti) trovano percorsi di minimizzazione e controllo.

Le linee guida e documenti di riferimento europei dedicati alle emissioni da stoccaggio, così come gli standard e le best practice internazionali, hanno contribuito a sistematizzare obblighi, tecniche e indicatori di performance. per i gestori, questo si traduce in un vocabolario comune e in criteri verificabili, utili per pianificare investimenti e misurare i risultati nel tempo.

I terminal, poi, stanno cambiando anche nella natura dei prodotti che ospitano: l’arrivo di miscele a basso tenore di carbonio, l’interesse crescente per vettori alternativi come metanolo verde e idrogeno, il ruolo del gas naturale come ponte nella transizione, stanno ridefinendo layout, materiali e profili di rischio. Ogni nuovo fluido porta con sé parametri diversi (tra pressioni di vapore, reattività, requisiti di compatibilità) e chiede serbatoi e sistemi di movimentazione riprogettati per massimizzare sicurezza e contenimento emissivo.

Gli studi sul ciclo di vita dei carburanti tradizionali, ad esempio, mostrano che tecnologie come la cattura e lo stoccaggio della CO₂ a monte possono ridurre l’intensità emissiva del diesel prodotto, anche se a prezzo di un maggior consumo energetico lungo la filiera: un promemoria utile per chi gestisce terminali e vuole leggere con onestà i trade-off tra efficienza, costo e impatto. Inserire questi numeri in dashboard operative, affiancarli a indicatori di performance locali e raccontarli con trasparenza alle comunità limitrofe è parte della stessa strategia che adotta tetti galleggianti e fotovoltaico in copertura.

La sostenibilità nei terminal di stoccaggio è un’arte di bilanci ovvero bilanciare la pressione della sicurezza con la spinta dell’innovazione, bilanciare la disciplina della manutenzione con l’agilità del digitale, bilanciare il presente (ad esempio, serbatoi che respirano meno, rifiuti gestiti meglio, kilowattora autoprodotti) con un futuro in cui i flussi cambieranno e le infrastrutture dovranno essere pronte ad accoglierli.

E quando i cancelli si chiudono la sera e i serbatoi restano al buio, la differenza si misura proprio lì: nei vapori che non si alzano, nelle pompe che girano con l’energia raccolta in casa, nelle squadre di manutenzione che non rincorrono emergenze ma le disinnescano prima: non è la fine dell’industria dei combustibili, è il suo passaggio all’età adulta, in cui ogni tonnellata evitata, ogni kWh risparmiato, ogni litro di rifiuto ben gestito compone un racconto credibile di transizione.