Il dibattito sul carburante che alimenterà i cieli del domani è sempre più acceso: da un lato il cherosene tradizionale, frutto di decenni di ottimizzazione industriale; dall’altro l’idrogeno, visto come l’alternativa più promettente per decarbonizzare l’aviazione.
Negli ultimi mesi sono emerse ricerche e sperimentazioni che evidenziano vantaggi energetici e climatici dell’idrogeno, ma anche ostacoli tecnici, economici e infrastrutturali tutt’altro che trascurabili: alcune grandi compagnie, come Airbus, hanno dovuto rivedere al ribasso i loro programmi per aeromobili a idrogeno, mentre centri di ricerca come il Deutsches Zentrum für Luft- und Raumfahrt (DLR) portano avanti misurazioni in volo per confrontare le emissioni reali di motori a idrogeno e a cherosene; sullo sfondo, startup e consorzi internazionale stanno definendo progetti pilota e roadmap per rendere l’idrogeno una realtà commerciale entro il 2030-2040.
Negli ultimi tre mesi, un rapporto della Financial Times ha segnalato come le compagnie europee abbiano rivisto al ribasso le loro aspettative sull’idrogeno, stimando ora un contributo di appena il 6 % alla riduzione delle emissioni nette del settore entro il 2050, contro il 20 % previsto nel 2021: la causa principale è legata ai costi in crescita della transizione verso carburanti a basse emissioni e alla lentezza nello sviluppo infrastrutturale.
Anche Airbus, che nel 2020 aveva annunciato di voler lanciare un jet a idrogeno da 200 posti entro il 2035, ha dovuto tagliare il budget del 25 % e posticipare i tempi di sviluppo di 5-10 anni, concentrandosi ora su celle a combustibile anziché sulla combustione diretta per mitigare le emissioni di NOₓ.
L’idrogeno vanta un contenuto energetico per massa quasi tre volte maggiore rispetto al cherosene, rendendolo estremamente efficiente in peso: 120 MJ/kg contro 43 MJ/kg del carburante tradizionale, ma la sua densità volumetrica è molto bassa (circa 71 kg/m³), necessitando serbatoi criogenici più ingombranti rispetto a quelli per cherosene.
Per i voli commerciali l’idrogeno deve essere raffreddato a -253 °C e conservato in serbatoi isolati, che occupano un volume fino a tre volte superiore a quello del cherosene necessario per la stessa energia: l’infrastruttura aeroportuale dovrà dunque adeguarsi con depositi criogenici, reti di tubazioni termoisolate e sistemi di sicurezza antincendio dedicati
Il cherosene, invece, derivato del petrolio, emette in media 3,15 kg di CO₂ per kg di carburante bruciato, oltre a particolato e ossidi di azoto. L’idrogeno, se prodotto da rinnovabili (“green hydrogen”), non genera CO₂ in volo, ma la sua produzione via elettrolisi richiede energia elettrica pulita. Nel progetto europeo Blue Condor, condotto dal DLR, sono state confrontate in volo le emissioni e le scie di condensazione di un motore turbojet alimentato a idrogeno e uno a cherosene nelle stesse condizioni meteorologiche, evidenziando come l’idrogeno riduca sensibilmente sia le emissioni di CO₂ sia la formazione di scie persistenti.
Secondo uno studio pubblicato su ScienceDirect, poi, il costo operativo per kg di idrogeno liquido rimane almeno del 50 % superiore rispetto al cherosene tradizionale, anche ipotizzando miglioramenti tecnologici entro il 2030: la necessità di infrastrutture criogeniche e i costi di compressione e distribuzione sono fattori chiave che rallentano l’adozione su vasta scala.
A questo punto, quindi, si inserisce il programma ZEROe di Airbus, che include tre concept: un turbofan con serbatoi interni, un turboelica e un velivolo a configurazione a pilone centrale; dopo i ritardi annunciati a inizio 2025, Airbus continua a investire in ricerca su materiali e celle a combustibile per mitigare i problemi di NOₓ e peso, pur ammettendo che il jet commerciale a idrogeno arriverà verso la fine degli anni 2030.
A tale proposito, ZeroAvia e Universal Hydrogen stanno testando sistemi di celle a combustibile su aerei regionali al di sotto dei 20 posti per voli entro i 500 km, puntando a certificazioni commerciali già entro il 2026-2027: sono soluzioni ibride (motori elettrici alimentati a idrogeno) che possono ridurre drasticamente le emissioni su rotte brevi.