Nel silenzio ovattato del serbatoio di Fino Mornasco, tra travi metalliche e corridoi angusti, si è consumata in questi giorni una delle più intense esercitazioni provinciali mai organizzate dal Comando Vigili del Fuoco di Como: trentotto specialisti del Nucleo Speleo Alpino Fluviale (SAF) si sono alternati dal 24 al 27 giugno nella torre piezometrica di Como Acqua, sperimentando tecniche di movimentazione barella in spazi confinati uniche nel loro genere.
Grazie alla collaborazione istituzionale con l’azienda idrica locale, i soccorritori hanno potuto confrontarsi con le reali difficoltà di un ambiente difficile, dove ogni metro percorso richiede massima precisione e coordinazione.
La torre piezometrica in località La Costa, alta 55 metri e dotata di un serbatoio da 1.500 mc, ha offerto uno scenario senza precedenti per l’addestramento dei soccorritori: le strutture metalliche interne, solitamente percorse soltanto dai tecnici di manutenzione, si sono trasformate in un vero e proprio campo di prova, con passaggi stretti e angoli ciechi da affrontare con la barella e l’equipaggiamento SAF.
In questo ambiente, ogni errore può risultare fatale: dall’inerzia del carico meccanico alla gestione delle corde in spazi verticali, nulla è stato lasciato al caso.
Il Nucleo Speleo Alpino Fluviale rappresenta l’eccellenza del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, con operatori formati per soccorsi in quota, in profondità e in acque mosse: nato alla fine degli anni Novanta per uniformare a livello europeo le tecniche speleo-alpinistiche, il progetto SAF prevede livelli di qualificazione differenziati (1A, 1B, 2A, 2B, più l’integrazione fluviale), ciascuno dedicato a specifiche manovre di recupero e movimentazione del ferito; l’esperienza maturata negli anni ha reso questi uomini il punto di riferimento nazionale per interventi in ambienti impervi o confinati, dove tradizionali squadre di soccorso non possono operare in sicurezza.
La complessità dell’addestramento nel serbatoio ha messo in luce le principali criticità del soccorso in spazi confinati: mancanza di ossigeno, possibili concentrazioni di gas tossici, scarsa visibilità e mobilità ridotta. Le linee guida nazionali sottolineano come un’efficace procedura di emergenza debba basarsi su valutazioni preventive del rischio, formazione continua e dotazione di DPI come autorespiratori e sistemi di telecomunicazione d’emergenza: nel caso specifico, l’uso di barelle telescopiche e carrucole semistatiche ha permesso di simulare il recupero di una vittima impegnata in un pozzo, controllando il baricentro del carico e garantendo la massima stabilità durante la discesa.
L’accordo con Como Acqua ha dimostrato come la cooperazione tra Vigili del Fuoco e gestori di infrastrutture possa creare valore aggiunto per la sicurezza del territorio: accedere a siti industriali o idrici per finalità addestrative consente infatti di riprodurre scenari realistici, impossibili da simulare in ambienti standard.
L’obiettivo futuro, quindi, è estendere queste esercitazioni ad altre strutture analoghe, coinvolgendo anche reparti di Protezione Civile e squadre cinofile, e sperimentando nuove tecnologie come droni indoor e sensori per la rilevazione di inquinanti.